GLI ANTENATI RISORGIMENTALI
DI STO


Francesco Tofano e la sua famiglia



 
 
 

Il barone  Francesco Tofano di Airola, ereditato il feudo in giovane età, lo perseper  aver  attivamente  parteggiato  per  la   Repubblica  Napoletana  nel  1799, tra l’altro come uno dei  comandanti  della  spedizione  contro  le  bande del brigante filo-borbonico Fra’ Diavolo.  Sfuggito all’impiccagione, dopo il ritorno dei Borboni visse a lungo latitante.

 
 
Giacomo Tofano, nato nel 1798, matematico ed avvocato, si arruolò giovanissimo nell’esercito per partecipare alla Rivoluzione militare del 1820, e  come Vice Grande Oratore della Dieta Carbonara organizzò le Vendite di Palermo. Sfuggito alla fucilazione dopo il fallimento dell’insurrezione, restò latitante quattro anni come emigrato politico a Torino. Quando, graziato, ritornò a Napoli fu carcerato per due anni. 
Ripresa la professione, fu l’unico prima del ’48  che difese  tutti gli imputati politici, incominciando degli insorti dell’ Aquila e terminando al Poerio e suoi compagni.  Nel ’48, concessa dal Re la Costituzione 
(in favore della quale aveva attivamente operato) fu nominato Direttore Generale di Polizia. Prevalsa la Reazione, rifiutò il Ministero dell’Interno e fu carcerato per due anni in Castel dell’ Ovo senza processo. 
Rifiutata più volte la libertà in cambio della partecipazione al governo reazionario, partì per l’esilio, che trascorse a Pisa, Torino e Bologna, dove insegnò Diritto Penale in quell’Università. Assistito dalla moglie Angiola, chiamata “l’angelo degli esiliati”, partecipò con fervore alle  attività politiche di quegli anni. 
Fu fondatore nel 1859,, assieme a Manin, Ulloa, La Farina e Pallavicino, del Comitato d’Azione per l’ Unità Monarchica d’Italia. Il Tofano fu il solo napolitano che ne fece parte e con Giuseppe La Farina invitarono entrambi il gran cittadino italiano Garibaldi a parteciparvi, il quale con sua lettera vi accondiscese e venne nominato Vice Presidente (v. lettera). 
Ritornato a Napoli nel ’60 come Deputato del primo Parlamento del Regno d’Italia, fu nominato Presidente della Gran Corte Criminale, e come tale preposto all’epurazione di coloro che avevano sostenuto il Borbone. Avendo preso troppo a cuore il suo compito, fu destituito per contrasti sorti col Generale Cialdini e visse gli ultimi anni appartato, confortato dall’affetto dei suoi e dalla stima dei concittadini. Di lui fu scritto “Nell’esercizio di sua professione fu disinteressato sino alla balordaggine”.           (da un “Indirizzo degli elettori” a Giacomo Tofano)

 
 
Lettera di Giuseppe Garibaldi a  Giacomo Tofano
L’adesione che Garibaldi manifesta nella lettera qui riprodotta e trascritta (certo non l’unica)  sottintende chiaramente l’adesione al Comitato ed al suo principale scopo :  promuovere, cioè, quel’accordo tra il Generale Garibaldi ed il Conte di Cavour che avrebbe permesso la campagna del 1860, conclusasi, dopo la spedizione dei Mille e la contemporanea discesa dell’esercito piemontese al meridione, con l’incontro di Teano.
                                                      
                                            Caprera 20 maggio 1859
Pregiat.mo Amico
Io imparai a stimarvi ed amarvi dal nostro Foresti, e dalle vicende dell’onorevole vostra vita. Le idee da voi manifestate sono le mie, e vi fo padrone quindi della mia firma per la dichiarazione vostra.
Vogliate contraccambiare, co’ miei affettuosi saluti, Manin, Ulloa e La Farina, ch’io vo superbo di accompagnare in qualunque manifestazione politica.
Sono di cuore V.°     Giuseppe Garibaldi.